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I dark store stanno rivoluzionando i quartieri di molte città. E oltre a essere cruciali per alcuni servizi sempre più richiesti, sono diventati un vero asset immobiliare. Ancora di nicchia, ma che fa gola agli investitori.
A servizio di vecchio e nuovo delivery
Da Glovo a Gorillas, da Getir a Deliveroo, sia gli operatori tradizionali del delivery, sia le startup nate nell’ultimo biennio, si stanno convertendo alle consegne della spesa ultra veloci. Nel giro di 15 minuti dal ricevimento dell’ordine, i fattorini sono pronti a recapitare di tutto: alimentari, confezionati e freschi, prodotti per la casa e tutto quel che fa parte della spesa tradizionale. E non ci sono grandi limiti di quantità, perché se anche si aggiungono tanti prodotti al “carrello”, dal magazzino partono due fattorini invece di uno solo (su biciclette o motorini). Questi servizi si appoggiano appunto sui dark store, cioè locali che stanno a metà tra un magazzino pieno di scaffali e un piccolo supermercato con i suoi corridoi. Locali dove tutto si svolge rapidamente: gli “impacchettatori” (picker e packer) riempiono le buste e i “rider” li prelevano a ciclo continuo e li portano a casa. Questi locali quasi sempre non hanno un’insegna (ecco perché “dark” store), tutt’al più si riconoscono per il gran numero di fattorini che stazionano davanti. Sono ovviamente chiusi al pubblico e di solito hanno dimensioni ridotte, anche soltanto 100 metri quadrati. Nei principali capoluoghi, non solo Roma e Milano, gli operatori stanno affittando tantissimi locali da riconvertire a dark store, perché per garantire una consegna così veloce devono basarsi su una rete capillare composta da numerosi centri di smistamento, piccoli ma posti al centro dei vari quartieri che si intendono servire. E ormai il servizio è arrivato anche nelle zone periferiche, non solo in centro.
Che cosa c’entra questo con l’immobiliare? Gli edifici adibiti a dark store sono, molto spesso, di scarso valore, parzialmente riqualificati, ma solo per renderli idonei allo scopo. Sono ex negozi, non più destinati al pubblico, dove dunque non serve investire nell’estetica interna, basta siano funzionali. Così presentano un doppio vantaggio: le società di consegne si trovano a pagare affitti abbordabili, mentre i proprietari degli stabili riescono a mettere a reddito locali destinati a rimanere sfitti a lungo. Visto che la domanda da parte dei consumatori cresce rapidamente, però, anche dal punto di vista immobiliare il mercato dei dark store inizia ad autoalimentarsi.
Rendimenti ancora sopra il 5%
Secondo uno studio di World Capital, la riqualificazione degli immobili sta aumentando indirettamente il valore dell’asset e del tessuto in cui i dark store si inseriscono. I dark store fanno parte a pieno titolo del settore della logistica, che nel 2021 in Italia ha catturato investimenti per 10,3 miliardi di euro (fonte Cbre) e stanno iniziando a sostituire, nella preferenza degli investitori, i cosiddetti immobili “last mile”, cioè quei magazzini subito a ridosso delle città, su cui si basano le consegne “dell’ultimo miglio” dell’e-commerce tradizionale (quello alla Amazon per intendersi). Secondo l’edizione di fine 2021 del Real Estate Data Hub, pubblicazione curata da Re/Max Italia e Avalon, gli immobili logistici all’interno dell’area metropolitana garantiscono rendimenti compresi fra il 4,4% e il 5,3% a Milano, fra il 4,9% e il 5,5% a Roma, fra il 4,8% e il 5,6% a Torino. Sono rendimenti sensibilmente più alti rispetto al residenziale. In prospettiva, continuando gli investimenti, i valori degli immobili sono destinati ad aumentare, di conseguenza i rendimenti potrebbero sgonfiarsi di qualche decimale. Ma sulla continuità del business, almeno per ora, non ci sono dubbi vista la rapidità con cui questi servizi stanno crescendo.
Anche il retail vira verso i dark store
Un altro elemento importante riguarda questo tipo di immobili e contribuisce a modificare il panorama di tante città. Infatti ci sono sempre più operatori generici del retail, dalla moda all’elettronica, che stanno per riconvertire vecchi negozi in dark store, anche qui da porre al servizio dell’eCommerce. Ecco un esempio dalla Spagna per capire il fenomeno. La nota catena di grandi magazzini El Corte Ingles stava per chiudere un grande punto vendita ormai in perdita a Eibar, cittadina dei Paesi Baschi. Poi ha deciso di riconvertirlo, chiudendolo al pubblico, ma trasformandolo in magazzino dedicato a ospitare un grande assortimento di prodotti alimentari, pronti per essere recapitati a casa di chi aveva fatto la spesa sul sito o sulla app del marchio.
I dark store, e la spesa “ultra veloce” che questi permettono, sono criticati da alcuni perché considerati la punta estrema dell’eCommerce, che sta spazzando via i piccoli negozi di vicinato. È vero, d’altro canto, che queste nuove forme di commercio stanno creando posti di lavoro e in qualche caso stanno salvando anche l’occupazione tradizionale. Infatti, nell’esempio di El Corte Ingles, la riconversione del vecchio negozio ha permesso di salvare gran parte dei circa 200 addetti, che altrimenti avrebbero dovuto subire una chiusura tout-court del punto vendita.