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Per barriere architettoniche, riprendendo la definizione originaria indicata dalla Legge (DM 236/89), si intendono, nella comune accezione, tutti quegli ostacoli fisici, fonte di difficoltà per la mobilità in genere, e, più nello specifico, per quei soggetti con ridotte e/o inesistenti capacità motorie e sensoriali autonome, permanenti o temporanee, che riducono sensibilmente la possibilità di godere, utilizzandoli al meglio, degli spazi e delle attrezzature comuni.
Il tentativo di eliminarle, se non di ridurle del tutto, è, da sempre, avvertito a tutti i livelli e la stessa Costituzione italiana, all’articolo 3, si prefigge, tra gli obiettivi primari, il compito di rimuovere gli ostacoli di qualsiasi genere, economico e sociale che, limitando in maniera tangibile la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione degli stessi all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
La normativa sovranazionale ed interna in tema di eliminazione delle barriere architettoniche
L’esigenza insopprimibile di garantire anche alle persone disabili una vita, per quanto possibile, dignitosa e paritaria, rispetto ai cittadini più fortunati, è testimoniata, sul piano sovranazionale, dalla Convenzione Onu sui diritti delle persone disabili, approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni unite il 13 dicembre 2006, sottoscritta dall’Italia il 30 marzo 2007 (insieme al relativo Protocollo Opzionale) e ratificata dal Parlamento con la legge 3 marzo 2009, n. 18.
In essa, sono sanciti i principi ispiratori della materia, ed a chiare lettere è scritto che la lotta alle barriere architettoniche dev’essere finalizzata all’inclusione sociale, attraverso l’impegno degli Stati membri, a garantire alla persone con disabilità: l’accessibilità, l’adattabilità e la visitabilità degli spazi comuni, delle scuole, delle strutture sanitarie e, in genere, di tutti i luoghi, pubblici o privati, dove la loro personalità possa esplicarsi al meglio.
In ambito nazionale, anche a seguito della recente crisi pandemica, è stato approvato Il PNRR che prevede, nelle sei Missioni in cui si struttura, interventi per quasi 12 miliardi destinati come impegno di spesa per la realizzazione concreta di percorsi innovativi tendenti a favorire l’autonomia dei più deboli, ovviamente per quanto possibile.
In quest’ottica, saranno, infatti, semplificati, oltre che l’accesso ai servizi, i meccanismi di accertamento della disabilità e potenziati gli strumenti finalizzati alla definizione dei progetti di intervento riferiti alle singole specificità di deficit.
La disabilità in condominio e la questione dei parcheggi: analisi di un caso concreto
Il Condominio, come comunità originaria nella quale confluiscono tutte le categorie sociali, non poteva non essere al centro di un dibattito acceso che ha ad oggetto il diritto dei disabili all’assegnazione di un posto auto privilegiato, ossia ubicato quanto più possibile nelle vicinanze del portone d’ingresso dello stabile, così da consentire agli stessi un accesso più comodo ed un più agevole spostamento dall’esterno verso la propria abitazione privata.
Una recente sentenza del Tribunale di Roma, la n. 12021 del 27 luglio 2022 ha affrontato e risolto proprio la questione oggetto d’analisi.
Ovviamente, occorre premettere che, nel caso di specie, l’uso del cortile condominiale, per prassi adibito a parcheggio delle auto, non era disciplinato da alcun regolamento condominiale.
Una condòmina impugnava una delibera con la quale l’assemblea aveva riservato in via permanente un posto auto determinato, posizionato nelle immediate vicinanze dell’ingresso principale dello stabile, all’autoveicolo destinato al trasposto di un familiare disabile del proprietario di un altro appartamento.
Il Tribunale, dopo attenta ricostruzione della fattispecie, nel rigettare la proposta impugnazione, ha evidenziato come nel caso sottoposto all’attenzione dei giudici, non fosse corretto parlare di assegnazione nominativa definitiva del posto auto a favore di un singolo condòmino.
Ciò, infatti, avrebbe integrato gli estremi di un’innovazione vietata, come stabilito dalla Suprema Corte nella sentenza n. 9069 /2022; per il giudice romano appare corretto inquadrare il caso concreto, nell’ipotesi dell’utilizzazione della cosa comune (il parcheggio, appunto) da parte del singolo condòmino, secondo modalità particolari.
La delibera impugnata non apporta, dunque, modifiche alla destinazione del bene comune né, tanto meno, lede diritti acquisiti degli altri condòmini, anche perché, tra l’altro, non implica la realizzazione di opere in senso tecnico o l’installazione di strutture aggiunte, ma semplicemente riserva uno spazio per un posto auto (già esistente), in favore di un portatore di handicap.
D’altra parte, per il Tribunale, l’osservanza del dovere di solidarietà e il rispetto del diritto inviolabile a una normale vita di relazione sono comunque destinati a prevalere rispetto al diritto di proprietà, e rappresentano piena esplicazione del diritto alla salute, inteso come interesse del singolo e della collettività alla eliminazione delle discriminazioni dipendenti dalle situazioni invalidanti.
Sussistente, dunque, il diritto per il posto auto più comodo e maggiormente rispondente alle esigenze del disabile e della sua famiglia, anche in applicazione concreta delle norme e dei principi sopra richiamati.
*Questo contenuto ha scopo informativo e non ha valore prescrittivo. Per un’analisi strutturata su ciascun caso personale si raccomanda la consulenza di professionisti abilitati.