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Se è vero che l’Italia per tutti è il Bel Paese, questo non esclude che ospiti sul suo suolo una delle opere architettoniche ritenute più brutte al mondo o forse addirittura l’edificio più brutto del mondo! Proprio così: parliamo della Torre Velasca, il celebre palazzo “con le bretelle” del centro di Milano, figlio del boom economico, realizzato tra il 1955 e il 1957 su progetto dello Studio BBPR, che per diversi detrattori rappresenta addirittura l’edificio più brutto del mondo. Ma scopriamo qualcosa di più su questa particolare costruzione.
Nella Grande Mela
Il giornalista Beppe Severgnini, in un articolo apparso sul Corriere della Sera nel 2012, intitolato Se la Torre Velasca fosse a Manhattan, scrisse che la Torre Velasca sarebbe molto più apprezzata se si trovasse a New York. Argomentava Severgnini:
“Chi dice che è orrenda, non capisce niente di Milano. Probabilmente crede che il capoluogo lombardo voglia gareggiare con altre città d’Italia in bellezze rinascimentali. Invece è orgoglioso dei suoi angoli strambi, dei suoi portoni, dei suoi cortili irregolari, dei suoi palazzi dove qualche incosciente vorrebbe sostituire il portiere con un citofono”.
Non possiamo sapere con esattezza come l’avrebbero accolta i newyorkesi, ma quello che è certo è che, nonostante l’edificio sia stato spesso oggetto di dibatti e indicato come uno degli edifici più brutti al mondo da fonti autorevoli come il Telegraph o meno, la Soprintendenza ai Beni Culturali dal 2011 ha scelto di sottoporla a vincolo e tutela per il suo interesse storico e artistico.
Tra il movimento brutalista e il Neoliberty
L’edificio rappresenta uno dei pochi esempi italiani di architettura brutalista post-razionalista. Il progetto si caratterizza per le nervature della struttura, che modulano la forma architettonica, accentuandosi prospetticamente nei puntoni dello sbalzo. Per i milanesi la torre è anche nota come il “grattacielo con le bretelle”, per via delle iconiche travature oblique che sorreggono la parte aggettante dell’edificio.
Si dice inoltre che la torre sia in realtà più vicina alla corrente Neoliberty, la quale aveva l’obiettivo di recuperare i valori della tradizione architettonica italiana dopo la stagione fortemente avanguardista del razionalismo. Reyner Banham, critico britannico vicino al movimento brutalista, bocciò con parole molto dure la Torre Velasca definendola “la ritirata italiana dall’architettura moderna”.
All’ombra della Madonnina
Torre Velasca non svetta all’ombra della Madonnina solo per il fatto di trovarsi a pochi passi dal Duomo, ma anche perché il suo sviluppo verticale fu fermato a 106 metri, due metri in meno rispetto all’altezza cui è collocata la statua che svetta dal Duomo.
La tradizione (diventata addirittura legge nel 1930) vuole infatti che nessun edificio in città possa superare per altezza la Madonnina e, sempre per questa ragione, la statuetta dorata della Madonnina del Duomo non è l’unica di Milano.
I fan della Torre Velasca
La Torre Velasca non ha però solo detrattori e vanta anche illustri ammiratori: l’archistar Stefano Boeri e il critico d’arte Philippe Daverio ne hanno parlato come di un vero capolavoro, unico, una forma di architettura eccezionale e mai realizzata prima.