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Tasse, Imposte e Normative 27 aprile 2022

Ecco perché la riforma fiscale potrebbe portare a un caro affitti


Tra i temi discussi c’è l’aumento della tassazione sulle rendite immobiliari a cui i proprietari potrebbero reagire con l’innalzamento dei canoni.
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Laura Fabbro

Collaboratrice di Immobiliare.it

La riforma del fisco, avviata a dicembre 2021 e tuttora oggetto di discussione fra i partiti, potrebbe avere ripercussioni negative sugli affitti, specialmente se in contemporanea si continuassero a registrare aumenti nei livelli dell’inflazione: lo segnala di recente il Corriere.it in un suo articolo. Vediamo perché e quali sono le strategie con cui gli inquilini possono difendersi.

Tassazione sulle rendite immobiliari: aumenti in vista?

Il Governo vorrebbe rivedere il sistema della tassazione così da approdare a una struttura duale, nella quale i redditi da lavoro o pensione siano sottoposti a un’aliquota progressiva mentre tutti gli altri redditi a una tassazione proporzionale. In conseguenza di ciò l’aliquota sulla cedolare secca, il regime di tassazione sostitutivo dell’Irpef che si può applicare sugli affitti a canone libero, rischia di passare dal 21% fino addirittura al 26%.

Le conseguenze sugli affitti

Fino a oggi la cedolare secca si è rivelata una scelta conveniente per i proprietari di casa, in particolare per quelli con redditi medio – alti. Con l’aumento dell’aliquota molti potrebbero però decidere di tornare alla tassazione ordinaria, anche perché ricorrendo alla cedolare secca si rinuncia ad adeguare il canone di affitto all’aumento del costo della vita: e con un’inflazione in continua crescita, questa clausola comincia a pesare sulle tasche di chi affitta un immobile. È verosimile aspettarsi che l’esito di tutto ciò (aggravio fiscale e aumento dell’inflazione) sia un rincaro nei prezzi delle locazioni.

Come evitare l’aumento del canone

Normalmente quando si firma un contratto di locazione con cedolare secca è prevista una clausola che impedisce al proprietario di aumentare il canone sulla base della variazione, accertata dall’Istat, dei prezzi al consumo. Ma anche senza tale clausola è probabile che l’inquilino vincerebbe il procedimento penale aperto nei confronti del proprietario che chieda l’aumento, motivandolo con il passaggio alla tassazione ordinaria (cosa che è libero di fare in qualsiasi momento). Si può infatti sostenere che la rinuncia all’aggiornamento sia una clausola contrattuale implicita.

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