Giornalista
In Europa è tornata l’inflazione, come si non vedeva da tempo. L’ultimo bollettino Eurostat, relativo a dicembre, segna un balzo dei prezzi del 5% su basse annua, trainato soprattutto dalla componente “energia” (+26%), mentre le restanti voci mostrano percentuali decisamente più fredde, tra cui alimentari-alcol-tabacco a +3,2% e servizi +2,4%.
Il caro energia, che si traduce in caro-bollette, sta già pesando sia sulle famiglie sia sulle attività industriali. Secondo le ultime stime della Bce l’inflazione dovrebbe attestarsi al 3,2% nell’intero 2022, al di sopra quindi dell’obiettivo di stabilità monetaria perseguito dalla banca centrale europea, fissato al 2%.
Erano anni che questo non accadeva. Anzi, il 2% di inflazione sembrava un traguardo irraggiungibile, conseguenza di una crescita lenta del Pil. Ma come si riflette questo scenario sui tassi di interesse e di conseguenza sui mutui?
Gli indici di riferimento che determinano i tassi dei mutui, l’Eurirs per quelli a tasso fisso e l’Euribor per quelli a tasso variabile, non hanno una relazione diretta e automatica con il tasso di inflazione. In altre parole, l’attuale rialzo dei prezzi non determina per forza un’impennata dei due indici.
Questi, però, si muovono quando la Bce decide alzare i propri tassi di riferimento, per frenare l’inflazione. O meglio, è più corretto dire che reagiscono (in relazione ai “future”) quando i mercati sentono aria di rialzo, prima ancora che questo avvenga.
Ancora nell’ultima riunione di dicembre, l’istituto guidato da Christine Lagarde non ha praticato variazioni: il tasso principale Bce è a zero, quello sui depositi a -0,50% e quello sui prestiti marginali a 0,25%. Ed è presto per dire se e quando verrà deciso un rialzo, perché l’attuale livello dell’inflazione appare una contingenza legata all’energia e alla scarsità di materie prime, ma la ripresa economica è ancora zoppicante. A ogni modo, è meglio essere preparati per qualsiasi scenario.
Partiamo dalla situazione di chi ha un mutuo in corso. Va da sé che i titolari di un tasso fisso non subiranno alcuna variazione, la rata rimane sempre uguale. Se il fisso è stato stipulato di recente, con tassi di interesse alcune volte anche inferiori all’1%, per il futuro è meglio tenerselo stretto perché se i mutui dovessero diventare via via più cari, sarebbe anche difficile farsi tentare dall’idea della surroga, perché sarebbe poco probabile trovare sul mercato offerte più vantaggiose.
Il mutuo a tasso variabile, invece, per sua definizione è quello che subisce il rialzo dei tassi (in questo caso l’Euribor) con l’immediato aumento della rata mensile. Ma è opportuno fare una distinzione tra chi ha stipulato il finanziamento di recente e chi invece ha in corso il piano di rimborso da almeno 10-15 anni o più. Se il mutuo è partito da poco, senz’altro il risparmiatore è stato allettato dal fatto che il variabile parte con una rata più leggera rispetto al fisso. Eppure lo scenario, ormai, va nella direzione di un aumento dei tassi di interesse, che potrebbe avvenire a fine anno o al più tardi nel 2023. Considerando che sul mercato oggi si trovano ancora tassi “fissi” a buon mercato, poco sopra l’1%, sarebbe utile formulare alcuni preventivi di surroga a tasso fisso e se la rata mensile è comunque sopportabile, per quanto leggermente più alta rispetto a quella in corso, il cambio in corsa potrebbe essere conveniente, per mettersi al riparo definitivamente rispetto al futuro.
Se invece il mutuo “variabile” è già in corso da tempo, anche un eventuale rialzo dei tassi avrebbe un impatto limitato, considerando che nel piano di ammortamento alla francese, quello utilizzato praticamente per tutti i mutui, la “quota interessi” della rata mensile (proprio quella sensibile alla variazione dell’Euribor) si paga in maniera più consistente all’inizio, ma via via decresce di importanza.
Vediamo infine qual è la scelta migliore per chi si appresta a richiedere un mutuo nel corso del 2022. La maggior parte degli osservatori è concorde nell’affermare che il tasso fisso sia la soluzione migliore, perché coniuga la certezza della rata futura e una convenienza ancora molto alta.
Naturalmente il variabile permette di partire con una rata più leggera e per questo cattura lo stesso attenzione. Una buona alternativa potrebbe essere quella di considerare alcune formule particolari di mutuo, come per esempio il tasso misto, che in determinate finestre temporali permette di passare dal variabile al fisso, e viceversa, durante la vita del mutuo.
Oppure il cosiddetto variabile “con cap”, ossia un contratto in cui il tasso può aumentare, ma solo entro un certo limite. Va detto, comunque, che all’atto pratico queste tipologie di mutuo sono piuttosto rare. E anche quando vengono concesse, si pagano comunque in termini di spread applicato alla banca, nel senso che gli istituti concedono questa flessibilità, richiedendo però un costo maggiore rispetto ai mutui base.