Collaboratrice di Immobiliare.it
Cosa accade se si costruisce un fabbricato che non rispetta i termini della concessione edilizia rilasciata da un Comune? E se l’immobile in questione non si potesse demolire senza pregiudicare la parte realizzata in modo legittimo?
A rispondere, lo scorso 23 novembre, è stato il Consiglio di Stato con la sentenza 7857/2021 che, nel caso di un immobile situato nel Lazio, si è espresso in modo sfavorevole al ricorso presentato dal proprietario.
Il Comune di Graffignano, a seguito di diversi sopralluoghi effettuati su un fabbricato realizzato negli anni ’90, ha rilevato delle incongruenze sull’altezza dell’immobile, rispetto a quanto consentito dal Piano Regolatore Generale (11,98 metri contro i 10,50 previsti. Parliamo di circa 37 cm a piano).
I controlli hanno inoltre confermato l’impossibilità di ripristino della porzione in eccesso senza rischi per le parti ritenute legittime. Risultato dell’indagine? Abuso edilizio e una multa di oltre 160mila euro.
Il proprietario si è rivolto in prima istanza al Tar del Lazio che ha rigettato i motivi di ricorso, e successivamente al Supremo Collegio che ha confermato la sanzione.
La contestazione dell’uomo denunciava, tra le altre cose, l’incongruenza delle decisioni del Comune, che aveva dapprima rilasciato il certificato di agibilità, per ordinare, in un secondo momento, la demolizione della parte non conforme.
Come previsto dall’art. 3 comma 1 lett. i del D.lgs 222/2016, però, i requisiti di legge del certificato di agibilità si basano sul rispetto di norme tecniche in materia di sicurezza, salubrità, risparmio energetico e igiene. Nulla a che vedere, quindi, con il rispetto delle norme edilizie.
Benché l’Ente avesse risposto a suo tempo con il silenzio-assenso alla richiesta di agibilità, il CdS ha sottolineato come, secondo le norme vigenti all’epoca, non poteva evincersi il rilascio dello stesso con effetto sanante sugli elementi ritenuti illegittimi.
L’altro punto su cui si fondava la rimostranza del ricorrente riguardava il calcolo dell’ammontare della sanzione.
A questo proposito, il regolamento del Comune, qualora la demolizione dell’immobile dovesse pregiudicare la parte del fabbricato ritenuta conforme, prevede una sanzione pari al doppio del valore di mercato dell’immobile incriminato.
Nel caso in cui non fosse possibile stabilire il valore di mercato, l’importo da pagare viene calcolato in relazione all’aumento di cubatura in eccesso rispetto al progetto originariamente approvato.
Ed è proprio a quest’ultima parte che si è appellato il proprietario del fabbricato.
Secondo l’uomo, trattandosi di un aumento di cubaggio in altezza che non ha comportato la realizzazione di piani ulteriori o nuovi vani, era pressoché impossibile quantificare il valore di mercato dell’immobile e si sarebbero dovute applicare le sanzioni fisse stabilite dal Regolamento comunale. In questo modo il totale dovuto all’Amministrazione si sarebbe aggirato intorno a 7mila euro.
Il Consiglio di Stato, tuttavia, ha respinto il ricorso sia in primo che in secondo grado, ritenendo corretto il procedimento dell’Ente e condannando l’uomo al pagamento della sanzione pecuniaria nella sua interezza. Attenzione, dunque: in caso di abuso edilizio insanabile a livello strutturale, il calcolo della sanzione pecuniaria è basato sul regime giuridico vigente al momento dell’istituzione della sanzione, e mai su quello relativo all’anno di costruzione del fabbricato.