Avvocato e Giornalista
È nullo l’accordo con cui si trasferisce dal venditore all’acquirente dell’immobile l’onere di pagare l’imposta Invim prevista dal DPR 643/1972.
Tale accordo, infatti, configura un trasferimento dell’obbligo contributivo e fiscale illegittimo, in quanto l’art. 27 del citato DPR n. 643/1972 dispone la nullità di qualsiasi patto diretto a trasferire ad altri l’onere dell’imposta prevista dal decreto. Né tale accordo può essere giustificato o sanato dall’obiettivo perseguito dalle parti o dalla tipologia negoziale utilizzata.
È questo quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 12552 del 20 aprile 2022.
Confermata la decisione della Corte d’appello di Bari, che aveva dichiarato nulla ed inefficace la scrittura privata con la quale le parti avevano convenuto che l’obbligo contributivo e fiscale dell’imposta INVIM venisse a gravare sulla parte acquirente (nel caso di un eventuale accertamento del maggior valore dell’immobile). Secondo i giudici, tale scrittura viola l’art. 27 del DPR n. 643/1972, istitutivo dell’istituto.
La parte venditrice aveva impugnato la sentenza, sostenendo, tra l’altro, che la Corte d’appello aveva errato nel considerare la scrittura privata come rivolta allo scopo di trasferire l’imposta dal soggetto passivo ad altro soggetto. In realtà, essa sarebbe stata rivolta solo allo scopo “di riequilibrare un rapporto economico tra le parti (allora) contraenti”.
La ricorrente precisa che non vi è stata alcuna traslazione di imposta tra le parti e di aver regolarmente pagato l’imposta INVIM a proprio carico. A suo dire, l’oggetto dell’accordo fu una sorta di “manleva di natura economica delle conseguenze che la cessione del terreno avrebbe potuto comportare nei confronti della venditrice”. Un accordo lecito, insomma, che non ricadeva nel divieto posto dall’art. 27 DPR n. 643/1972
Il ricorso è stato però rigettato dalla Cassazione. La ricorrente, dietro la formale denuncia di violazione della legge, richiede, nella sostanza, una nuova valutazione e interpretazione dell’accordo sottoscritto dalle parti. Valutazione che, però, è già stata compiuta dal giudice di merito.
L’interpretazione del contratto è infatti un tipico accertamento di fatto, che spetta al giudice del merito e non è più sindacabile davanti alla Cassazione, se non in presenza di vizi di motivazione o di un errore di “sussunzione”. Circostanza che non ricorre nel caso di specie.
Nella fattispecie in esame, – si legge bella sentenza – i giudici d’appello hanno correttamente spiegato le ragioni per le quali la scrittura privata intercorsa tra le parti viola il divieto ex art. 27 del DPR 643/1972.
Al di là della terminologia utilizzata, infatti, tale clausola concretizza un trasferimento dell’obbligo contributivo e fiscale, gravante a carico della venditrice, da quest’ultima alla società acquirente. Si tratta quindi di un accordo in palese violazione del divieto di legge, affetto da nullità assoluta e insanabile.
La decisione si pone nel solco della giurisprudenza consolidata in materia, a mente della quale la sanzione della nullità non è prevista unicamente a tutela del fisco, ma incide anche nei rapporti tra le parti contraenti, “quale che sia lo strumento negoziale direttamente azionato al fine della traslazione della imposta, comportandone la nullità, senza che rilevi la finalità pratica che a suo mezzo le parti intendono conseguire” (Cass. civ. n. 4556/1994).